Cari cittadini, la vicenda del call center si arricchisce di un altro triste capitolo, forse conclusivo. Dopo quattro mesi dalla prima chiusura, ci ritroviamo a denunciare le stesse condizioni di lavoro precario e sottopagato che avevamo posto alla vostra attenzione a gennaio.
La nostra voce è rimasta inascoltata e ci ritroviamo di fronte all’ennesimo buco nell’acqua della maggioranza. Tuttavia non demordiamo perché “repetita iuvant”, anche se in questo caso abbiamo qualche dubbio…
Sperando in un esito migliore, il call center ha riaperto i battenti ad inizio anno con nuove commesse e la società ha lasciato a casa la maggior parte dei lavoratori.
Questa messa in scena è l’ennesima trovata demagogica di un’amministrazione che a settembre arrancava in popolarità e consensi.
I Tavernesi, ancora una volta, vengono illusi sull’arrivo imminente di una nuova età dell’oro, con buona pace di tutte le persone che, armate di buona volontà, hanno sostenuto dei colloqui per poter lavorare onestamente e, alla fine dei giochi, si sono ritrovate con un pugno di mosche in mano. Tutt’altro destino è toccato invece a quella mezza dozzina di lavoratori che hanno avuto la “fortuna” di continuare a lavorare a meno di due euro l’ora, e nonostante ciò hanno anche lavorato un mese in nero. Morale della favola?
Il call center chiude di nuovo!
I nostri amministratori non hanno imparato nulla dalle numerose vicende legate a questo tipo di occupazione. Soprattutto al Sud, le aziende hanno avuto carta bianca per ottenere forza lavoro, sfruttando le devastanti conseguenze sociali dovute alla crisi economica. Questo tipo di lavoro, oltre ad essere instabile, mal pagato e dequalificato, produce una irreversibile fuga delle attività realmente produttive e formative, sulle quali bisognerebbe puntare di più per un rilancio socio-economico duraturo.
In buona sostanza, meglio incentivare la formazione e la creazione di posti di lavoro veri, piuttosto che seminare qua e là pillole di clientelismo per cavalcare l’onda che porta alle prossime elezioni comunali.
