Applicare la Costituzione è l’unica vera riforma

img_2190Pubblichiamo l’articolo del compagno Antonio Campanella, coordinatore provinciale dei Giovani Comunisti.

Mancano poche ore alla fine della campagna elettorale. Di fronte all’intensificarsi del mantra del “cambiamento” (a tutti i costi ed in peggio) da parte dei sostenitori del Sì, in nome della rottamazione renziana che tutto può e deve travolgere,  Costituzione compresa, siamo chiamati ad un ultimo necessario sforzo per convincere e ribadire fermamente le nostre ragioni contro questa “deforma costituzionale”. Non contesterò la riforma punto per punto. In questi mesi è stato ampiamente evidenziato come questa riforma sia un “pasticciaccio brutto”, nelle molte e partecipate iniziative pubbliche e nei banchetti informativi tenuti dai comitati locali per il No, nei quali Rifondazione Comunista ed i Giovani Comunisti hanno lavorato instancabilmente insieme a tante realtà e cittadini autenticamente democratici.
Dunque, perché andare a votare e, soprattutto, perché votare NO?
Innanzitutto, chi scrive pensa realmente che l’ordinamento attuale dello Stato Italiano, grazie al bicameralismo perfetto ha permesso di far passare leggi in maniera veloce e, soprattutto, ragionata, costituendo un vero sistema di autodifesa per la democrazia. Il problema non è da ricercare nelle istituzioni, ma negli uomini che ne sono stati a capo e, per quanto concerne la celerità dell’approvazione delle leggi, nell’assenza di volontà politica che non è mai mancata quando sono passate riforme che avrebbero poi condizionato pesantemente milioni di persone.
La riforma costituzionale va a chiudere il cerchio delle politiche portate avanti dagli ultimi governi, che hanno ristretto gli spazi di democrazia e di sovranità spettanti al popolo, accentrato il potere politico e economico nelle mani di pochissime persone e distrutto scuola pubblica, tutele dei lavoratori e sistema previdenziale (la “Fornero” è stata approvata in un amen, con buona pace di chi si lamenta della presunta lentezza del procedimento legislativo). Qualora dovesse vincere il Sì, la riforma, insieme all’Italicum, porterà a termine il processo di mortificazione della democrazia parlamentare e del sistema di contrappesi iniziato circa 25 anni con l’introduzione del  maggioritario, per perseguire la governabilità. Ma cosa vuol dire governabilità? In questi anni attraverso premi di maggioranza e complesse leggi elettorali, chi è stato al potere ha cercato di farci credere che è più importante un governo stabile rispetto al fatto che i cittadini scelgano i loro rappresentanti liberamente e proporzionalmente secondo le loro opinioni e spesso perfino che i cittadini possano essere effettivamente i protagonisti nella scelta dei loro rappresentanti. L’obiettivo è il consolidamento del potere nelle mani di una minoranza  che sia in grado di controllare il Parlamento e di svolgere i compiti attribuiti in ambiti esterni ai luoghi della rappresentanza popolare. Si stanno consegnando gli strumenti della sovranità a ristrette oligarchie arroccate in centri decisionali impermeabili alla volontà popolare, ma che rispondono ai diktat dei mercati. Basti pensare all’introduzione del pareggio di bilancio che ha, di fatto, colpito i diritti sanciti dalla prima parte della Costituzione, messi sotto ricatto dalla truffa/scure del debito pubblico.
Emblematico, in questo senso, è quello che accadrebbe con la vittoria del Sì alle comunità locali ed alle loro istituzioni, che da anni vengono usate come Bancomat per il taglio della spesa pubblica. Tagli che hanno avuto ripercussioni sull’erogazione di servizi sociali e di pubblica utilità. Con questa riforma i cittadini verranno ancor di più privati della possibilità di partecipare, di decidere e di confrontarsi con l’ente locale più vicino su temi importantissimi come sanità, servizi sociali, opere pubbliche, ambiente e territorio, grazie alla “clausola di supremazia statale”. In poche parole assisteremmo ad uno spostamento di potere, da chi ne ha poco a chi ne ha già molto, dalle già indebolite comunità locali ad un governo che diventerebbe il perno di tutto.
Votare No non significa, dunque, arrestare questo processo di riforma e basta. Significa che, dal 5 dicembre, bisogna tornare a lottare per vedere finalmente rispettata la Costituzione, per allargare gli spazi e le forme di partecipazione democratica.
Significa tornare a dare centralità alla battaglia per la sovranità popolare e per la redistribuzione del potere, sia politico che economico, verso il popolo, come previsto dalla nostra Carta Costituzionale.
Queste ultime righe, a mio avviso, sono ben riassunte nell’occhiello nella prima pagina de L’Unità
(quando era il giornale fondato da Antonio Gramsci) all’indomani dell’approvazione della Costituzione antifascista e repubblicana: “VIGILI ORA IL POPOLO PERCHE’ LE RIFORME SANCITE DIVENGANO REALTA’.”
Dopo la vittoria del NO, il popolo vigili affinché venga applicata la Costituzione, poiché è l’unica vera riforma di cui ha bisogno il nostro Paese.

 

Antonio Campanella – Coordinatore Giovani Comunisti/e Catanzaro

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