Al compagno Vavalà

Riceviamo e pubblichiamo la lettera scritta dal Compagno Antonio Levato alla nostra sezione.

Ai Compagni di Rifondazione Comunista di Taverna.

Non è con animo distaccato, o per astratto dovere politico che vi scrivo del compagno Vavalà. Lo faccio perché è stato una figura politica, un tipo di comunista, o semplicemente un tipo d’uomo, che credo sia quanto di meglio ci abbia restituito una storia e una certa tradizione. Sebbene noto, non so quanto come sindaco o come esponente politico del Pci prima e Rifondazione poi, aveva conservato nello svolgimento del suo impegno la radice popolare della sua origine. Forse per questo, tanta parte del popolo della presila e oltre s’è riconosciuta nella fisionomia e nel temperamento di questo sindaco e militante comunista con naturalezza e convinzione. E forse ha qualche significato non banale che anche i giovani, pure quelli estranei e diffidenti verso lontane e discutibili tradizioni e modalità della politica, avessero simpatia e confidenza per questo comunista inconfondibile. Con Vavalà s’è chiusa un’epoca intensa e sicuramente proficua nella storia della comunità di Taverna; le successive esperienze amministrative essendo assai lontane dal lasciare impronte altrettanto marcate. Forse è un male che uomini singoli pesino tanto nella vita pubblica in generale e nella vita di una comunità. E’ il limite della democrazia delegata, il segno di una deresponsabilizzazione civica dei cittadini o di una insufficiente impulso alla partecipazione. Tuttavia, il migliore omaggio che si possa rendere al compagno Vavalà, come dirigente politico e come sindaco, è che questa combinazione non valga per lui e che dunquer i suoi compagni, l’area più larga di quella sua radice politica, la comunità di Taverna, non lascino disfare quello che egli ha costruito, poco o molto che fosse ( noi siamo convinti del molto WA) o magari fosse solo una intenzione o un progetto per il futuro. Dal libro-testimonianza che ha lasciato si ricava quanto la sua vita sia stata intensa e lineare, se mai può esserlo la vita di un uomo, animata da convincimenti ideali e dal suo essere parte dell’umanità della sua gente, dei più deboli. La sua immagine di corpo fragile ingannava, nascondeva forza, tenacia e coraggio con uno stile che ora gli merita rimpianto, riconoscimenti ed onore.
E’ morto infatti con dovuto e giusto onore. Come tanti suoi compagni, ma col di più d’essergli cresciuto accanto, avverto assai forte la sua assenza. Ma non perché, o solamente perché, la morte d’una persona cara commuove sempre e neppure perché perdiamo un punto di riferimento. Questo può crearci smarrimento, non commozione. E poi su tante cose ci siamo trovati a pensare in modo parallelo, non identico, spesso assai differente; la stessa idealità potendo essere vissuta diversamente. Credo che ci sia allora una altra ragione che procura questa commozione. Ed è che qualunque cosa abbia detto o fatto nella lotta politica, fosse anche la cosa più errata ai miei occhi, mi è però sempre sembrato di comprenderne le ragioni profonde. Mai ho dubitato della onestà e rettitudine alla base di quelle ragioni, mai mi sono apparse deteriori, anche quando mi colpivano negativamente e magari direttamente per il diverso intendere e fare politica. Perciò mai s’erano interrotti con lui il confronto e il dialogo, mai messo in questione l’affetto profondo del nostro lessico famigliare. Credo che sarà molto rimpianto e con ragione, per questa rigorosa connessione tra figura umana e figura politica. Una sintesi singolare con la quale per ciascuno di noi sarà d’ora in poi più difficile confrontarsi. Compagno. Antonio Levato

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