Diritti e Costituzione

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La scorsa settimana citavo l’articolo 10 della nostra Costituzione, con la speranza che la classe politica finisca di speculare sulla questione migratoria mettendo in atto una legge che tuteli diritti e dignità dei migranti, di coloro che fuggono da miseria, violenza e guerra. Quest’ultima, attraverso l’articolo 11, non viene rifiutata ma RIPUDIATA. Ciò sta a significare che l’Italia la respinge categoricamente e, prima di tutto, moralmente come strumento di oppressione e di risoluzione delle controversie internazionali. Contrariamente siamo stati complici negli ultimi 25 anni di continui conflitti e di  aver permesso alle lobbies delle industrie belliche di utilizzare enormi quantità di risorse che sarebbero state utili per il benessere del pianeta.

In vista della manifestazione del 12 ottobre a Roma, vorrei allargare il discorso ad altri articoli dai quali ripartire per ripristinare un vero esercizio di democrazia a scapito della logica del profitto (per pochi) a tutti i costi.

Dal 20 aprile 2012 abbiamo introdotto il pareggio di bilancio in Costituzione con voto quasi unanime di Camera e Senato. Tutto questo per riconquistare la fiducia nei mercati, che sembra essere diventato l’unico obiettivo da perseguire in Parlamento. I risultati sono evidenti: stato sociale, lavoro, salute, ambiente, istruzione sono finiti sotto il giogo del neoliberismo.

E’ più importante far calare lo spread o la disoccupazione? Purtroppo molti sceglierebbero la prima opzione.

C’è un messaggio, magari banale, che dovrebbe arrivare alle orecchie di chi ci governa senza sostanziali interruzioni da due anni ormai: i diritti delle persone sono più importanti dei mercati.

Diritti come quello al lavoro: nella Carta Costituzionale si va ben oltre il famoso articolo 1. La Repubblica, infatti, deve essere protagonista attraverso azioni tese a rimuovere gli ostacoli di ordine sociale ed economico (art. 3), a promuovere e rendere effettivo il diritto al lavoro (art. 4),a garantire una retribuzione giusta e sufficiente ad un’esistenza dignitosa (art. 36),a tutelare lavoro femminile e maternità (art. 37),ad assicurare reddito a lavoratori in caso di malattia, vecchiaia e disoccupazione (art. 38), al confronto con rappresentanze sindacali basate sulla partecipazione democratica dei lavoratori (art. 39),a far rispettare il diritto di sciopero (art. 40).

Pensiamo anche a quanto accade nelle nostre carceri: l’articolo 13 condanna qualsiasi forma di violenza, fisica o morale, su persone poste comunque a restrizioni di libertà. L’articolo 27 dichiara che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Invece dobbiamo, nel 2013, far fronte al sovraffollamento e alla disumanità dei nostri luoghi di detenzione.

Passiamo all’ambiente. Con l’articolo 9 la Repubblica tutela il paesaggio –  e il patrimonio storico e artistico della Nazione, ricordiamolo –  mentre il quarantunesimo pone il divieto all’iniziativa economica di procurare danni, anche alla salute, che va garantita (art. 32) . C’è bisogno di un nuovo modello per poter produrre e consumare energia in maniera sostenibile, rispettosa ed integrata nei territori, di una via democratica che tenga conto delle collettività. Questo in contrapposizione al sistema dei gruppi di potere basato sui grandi impianti centralizzati che mettono a rischio lavoro e benessere. Sempre sul territorio italiano, negli ultimi anni esso è stato scenario di conflitti legati ai beni comuni, dalla politica dei rifiuti a quelle dell’energie alternative, dalle battaglie contro le grandi opere ai movimenti per l’acqua alle esperienze di occupazioni abitative a scopo sociale. Il quarantatreesimo articolo consente,a fini di utilità generali, alla legge di “riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.” Applicarlo vorrebbe dire andare in direzione contraria al pensiero del mercato come unico regolatore sociale, ad esempio con nuove esperienze di gestione e partecipazione  tramite sperimentazioni di autogoverno delle comunità locali.

 

Serve attuare gli articoli 33 e 34 per un’istruzione pubblica, libera ed inclusiva. Lo Stato deve garantire il diritto allo studio di tutti e dire basta alla riduzione degli investimenti a favore del settore privato, porre un freno all’aumento vertiginoso delle tasse scolastiche ed universitarie, all’abbandono degli studenti, alla precarietà degli insegnanti.

Concludo con l’art. 53:

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

Ultimamente tiene banco l’aumento dell’IVA che è tutt’altro che un’imposta progressiva. Il suo carattere regressivo porta un eventuale aumento a pesare di più sui poveri che sui ricchi, contravvenendo a quanto scritto sopra. In un paese con 9,5 milioni di persone in condizioni di povertà relativa (506 euro mensili in media) , di cui 4,8 milioni in povertà assoluta, è un dovere garantire la possibilità di realizzare pienamente il proprio potenziale  e rimuovere le condizioni che impediscono lo sviluppo e la partecipazione dei cittadini all’attività  del paese. In caso contrario non solo si violerebbe la Costituzione ( artt. 2 e 3), ma si abbatterebbe l’idea stessa di civiltà  fondata sul diritto.

A. C.

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